mercoledì 15 novembre 2017

I MIGRANTI ACCAMPATI A SANTA MARGHERITA INCONTRANO IL PREFETTO: "CHIUDERE CONETTA, RESTIAMO QUI"

I migranti di Conetta, accampati a Santa Margherita, non cedono. Nemmeno l'incontro con il prefetto, avvenuto attorno alle ore 14 sulla strada arginale della frazione di Codevigo dove circa 200 persone reclamano diritti e dignità, ha smosso la situazione: il prefetto Boffi e il questore Gagliardi hanno loro spiegato che non sussistono al momento soluzioni tecniche alla richiesta di ricollocamento in altre strutture, invitando i richiedenti asilo a tornare alla ex base militare e fissando un nuovo incontro fra cinque giorni. Il gruppo si è riunito e ha deciso di restare a Santa Margherita, controllato dalle forze dell'ordine, per significare il proprio punto fermo -ancorché pacifico- sulla vicenda. L'associazione Melting Pot Europa sta coordinando l'arrivo di coperte termiche per i rifugiati, oltre a pentole per il tè caldo; nel frattempo lo stesso campo di Conetta è ancora occupato, dopo l'invito al prefetto a sincerarsi delle condizioni termiche, igieniche e di vita quotidiana all'interno del centro di accoglienza, con la pressante richiesta di una sua chiusura che vede d'accordo anche il sindaco di Cona Alberto Panfilio, presente in tutti i passaggi.

Al proposito, Federico Fornasari dell'Unione Sindacale di Base -da anni attenta alle questioni dei migranti e in relazione alla Coalizione Internazionale dei Sans-Papiers di cui gli ospiti di Cona fanno parte- dice ai microfoni di Codevigo Azzurra: «Questi richiedenti asilo sono una punta avanzata dello sfruttamento sul lavoro e di privazioni di condizioni degne di vita (vedi i casi denunciati dalla CNN di vendita all'asta in Libia, ndr). Ricordiamo che una ragazza ivoriana è morta nella ex base di Conetta lo scorso gennaio. Non vogliono tornare indietro per incontrare il prefetto, lo hanno voluto incontrare qui, proprio per non tornare a Conetta manco simbolicamente». Si tratta di un anticipo, continua Fornasari, della marcia della dignità che si terrà a Roma il 16 dicembre: «Visto che le istituzioni di prossimità non accolgono le richieste, vogliamo che il governo centrale apra un piano straordinario di accoglienza degna per queste persone, le quali godono di diritti in quanto esseri umani. Quindi chiudere il campo di Cona e consegnare situazioni migliori a livello abitativo». La marcia continuerà fino a buon esito: «Di circostanze come Cona ce ne sono in tutta Italia, sono analoghe nei campi dei braccianti nel Foggiano dove i lavoratori sono baraccati in condizioni disumane e sfruttati dalla malavita», conclude il sindacalista USB. “Cona no buono” è ormai il nome in codice della marcia, e la sua conoscenza ha travalicato i confini regionali per assurgere alla cronaca italiana.

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